La Padania Romana secondo Archeo
Il distillato di queste pagine intitolate “L’invenzione della Padania” può essere riassunto nei seguenti punti:
1 Furono i Romani ad associare per un secolo circa in un unico raggruppamento amministrativo le terre di Liguri, Celti e Veneti, popolazioni distinte e normalmente nemiche.
2 Queste terre dopo un secolo vissuto come provincia della Gallia Cisalpina divennero parte dell’Italia.
3 La fondazione di molte colonie latine e romane in tali territori influenzarono pesantemente l’evoluzione successiva.
4 Le classi indigene più elevate tesero a romanizzarsi in cambio di favori economici e politici.
Fino a questo punto nulla da dire anche se l’importanza delle colonie romane e latine probabilmente viene spesso esagerata.
La cornice in cui queste vicende vengono inserite è invece tesa a dimostrare l’assurdità delle attuali rivendicazioni padaniste, esaltando alcuni fatti e sminuendone altri.
In particolare viene magnificata l’alleanza tra Veneti e Romani con sottile ironia, visto l’attuale sentimento di quella regione.
Altrettanto perfidamente viene ricordato che l’unica guerra di secessione nella penisola fu combattuta dagli italici centromeridionali contro Roma e i Cisalpini non vi parteciparono se non come alleati di Roma.
Alcuni fatti storici lasciati in ombra nell’articolo
Tra le righe, depurando ogni furore unitario da 150esimo anniversario dell’Italia moderna, si può comunque trarre un quadro ben differente. Infatti molte grandi tribù celtiche combatterono contro Roma e, sconfitte, cercarono di sollevarsi con l’appoggio di Annibale.
La riconquista dopo la seconda guerra punica fu ancora più dura. Non si ricorda nell’articolo la deportazione di 36000 Salassi (valdostani e canavesani) come schiavi.
Di sfuggita è trattata anche la secolare lotta per rimanere indipendenti dei Ligures (cioè anche dei monferrini e langaroli).
Vi si commisero tali efferatezze da scandalizzare persino il Senato romano.
Il rapporto tra Roma e popoli padani fu in altri casi ambivalente come quelle del re di Susa che di fatto divenne vassallo.
Uno dei personaggi ben evidenziati nell’articolo è il capo dei popolari Caio Flaminio che nelle terre padane vedeva solo campi da distribuire ai suoi partigiani politici e schiavi per Roma. Questo ad indicare quale sentimento “patriottico” da “Italia unita” aleggiasse nelle teste dei colonizzatori.
L’articolo sostiene che la prima unione di culture in Padania fosse rappresentata dalla Gallia Cisalpina. In realtà l’archeologia mostra come nella preistoria diverse culture avessero già unificato tale territorio.
Tutte queste osservazioni lasciano impregiudicate le opinioni che chiunque può avere relative all’attuale fase politica. Da una rivista blasonata come Archeo ci si aspetterebbe un maggiore coraggio nella presentazione di tutti i fatti storici.
Una copia di quel numero di Archeo mi è capitata per le mani quasi per caso, qualche giorno fa. Il vostro commento è anche troppo soft! A mio avviso quelle pagine sono da conservare quale esempio raccapricciante di storiografia romanofila di puro stampo fascista, come di stampo fascista è tutta l’impostazione della ricerca. Anche il Giulio Cesare in copertina la dice lunga si cosa si andrà a sfogliare all’interno. Ma quale ricostruzione storiografica? Imprecisioni, forzature e il solito mantra antileghista. Il tutto su una rivista che dice di occuparsi di Archeologia. La paura gioca brutti scherzi nella redazione della rivista, che è a Roma. Sì perchè mi sa tanto che come l’impero romano è finito, anche la sua riedizione in salsa savoiarda sta finendo. Saluti.
Io sono di Roma ma di origini marchigiane (di quella Ascoli da cui partì la Guerra Sociale), inoltre sono laureato in storia ma di sinistra, quindi non simpatizzante per i furori unitari della destra (ma gli ex AN non erano alleati della Lega!?).
Posso portare una toccante testimonianza di come addirittura a migliaia di anni di distanza quelle guerre crudeli (non è che i Galli con Brenno ed Annibale in Italia centrale facessero i turisti) siano ancora sentite in alcuni ambiti locali.
Una decina di anni fa mi capitò di lavorare con una persona di Aulla, in provincia di Massa, che mi disse neanche fosse colpa mia che abitavo a Roma come i Romani nel secondo secolo a. C. avessero deportato migliaia di Liguri Apuani nell’Italia meridionale spopolata dalla guerra annibalica.
E pensare che io conoscevo l’argomento solo perchè specificamente laureato!
Comunque non svilirei il ruolo della colonizzazione romana nella valle padana, dopo il massacro dei Senoni e la cacciata dei Boi (che se ne andarono talmente in tanti che la Boemia da loro ancora si chiama così) praticamente tutta la attuale Emilia Romagna venne assegnata a coloni romani, latini ed anche italici; inoltre erano anora presenti città di matrice etrusca come Modena, Mantova e Ravenna, senza contare che Veneti e Latini dal punto di vista della lingua erano parenti stretti, molto più di Latini e Sanniti.
Inoltre anche tra i Galli transpadani, quando Cesare governatore della Cisalpina dovette arruolare legionari per sottomettere la Gallia transalpina, non ebbe nessun problema.
Anzi, una legione, la Alaudae, la arruolò persino in Provenza.