Pasolini e la morte del dialetto: le sue profezie e la realtà attuale

Pasolini morte del dialetto

Ho avuto un unico incontro, ma per me molto significativo, con il pensiero di Pasolini: risale alle scuole medie quando sull’Antologia di italiano avevo trovato una sua splendida poesia in friulano.

Al giorno d’oggi basta digitarne in internet l’incipit “Co la sera a si piert” per trovarne decine di versioni, ma all’epoca (anni ’80) la decisione di includere testi dialettali in un testo scolastico era piuttosto ardita. Ovviamente quella pagina era stata saltata tranquillamente  dalla mia insegnante.

Molti anni dopo ho acquistato la raccolta di testi pasoliniani “Scritti corsari” e ne ho trovato profonde consonanze.

Il significato sociolinguistico del dialetto negli “Scritti corsari”

“E in tutto il mondo povero intorno a me, il dialetto pareva destinato a non estinguersi che non in epoche così lontane da parere astratte.”

“Fra le altre tragedie che abbiamo vissuto…in questi ultimi anni, c’è stata anche la tragedia della perdita del dialetto, come uno dei momenti più dolorosi della perdita della realtà (che in Italia è stata sempre particolare, eccentrica, concreta: mai centralistica; mai del potere)”

“Simbolo di questa deviazione brutale e niente affatto rivoluzionaria della propria tradizione culturale è l’annichilimento e l’umiliazione del dialetto che pur restando intatto – statisticamente parlato dallo stesso numero di persone – non è più un modo di essere ed un valore.”

“Nessun centralismo fascista è riuscito a fare ciò che ha fatto il centralismo della civiltà dei consumi”

“Per mezzo della televisione, il Centro ha assimilato a sé l’intero paese, che era così storicamente differenziato e ricco di culture originali.”

Le cause della morte del dialetto nel pensiero pasoliniano

Sociologicamente l’Italia pre miracolo economico era un aggregato di gruppi sociali mutuamente distinti e non intenzionati a mescolarsi.

Il dialetto era il codice del singolo gruppo sociale e la vitalità del gruppo si rifletteva nella vitalità del dialetto.

La civiltà dei consumi ha imposto un modello umano universale di consumatore che per ragioni economiche deve essere il più possibile omogeneo o omologato.

La lingua della televisione si impone come modello unico nazionale ed il dialetto viene rifiutato come arretrato.

In sintesi lo scioglimento dei diversi gruppi sociali (con il proprio dialetto codice o bandiera vitale ed innovativo) in una enorme aspirante classe media omogenea ed omologata (con un italiano malamente imparato dai mezzi di comunicazione di massa, in primis radio e televisione) è la causa della dissoluzione per vergogna o abiura dei dialetti.

La vitalità dei dialetti quaranta anni dopo

Quando Pasolini scrisse di questo io non ero ancora nato ed il panorama attuale è ben diverso, ma storicamente riconosco che la visione fosse corretta.

Nel frattempo le vecchie classi di età, tutte sostanzialmente dialettofone, almeno in Piemonte hanno procreato una generazione (la mia, classe ’75) tutta sostanzialmente italianofona.

Non vi è alcuna possibile sopravvivenza di una lingua che non viene più trasmessa. Non siamo più di fronte alla semplice perdita di vitalità del dialetto, ma alla sua scomparsa statistica (basta attendere).

 

Dialetto e cultura popolare

Pasolini riteneva che il dialetto riflettesse una forma di realtà popolare e fosse per natura inadatto ad esprimere valori intellettualmente astratti. In ciò il suo pensiero è coincidente con quello di Umberto Eco sul piemontese.

Questo ragionamento non appare più valido perché chi oggi sceglie il dialetto lo fa con un atto libero (anzi anticonformistico): chi lo utilizza è libero di riversare i contenuti che meglio crede nel contenitore linguistico volontariamente scelto.

Non sussiste più la relazione biunivoca tra dialetto e cultura popolare.

Ad esempio La Wikipedia in piemontese non è lo sforzo inutile di qualche fanatico, ma un prodotto intrinsecamente illuminista (sempre di enciclopedia e quindi di sapere elevato e para-ufficiale si tratta), di una neo elite attualmente perdente dal punto di vista della storia politica e culturale.

Internet e la frammentazione in nicchie della classe media

Parallelamente altri fenomeni sociali hanno fatto cadere la censura sul dialetto come retaggio di ignoranza e povertà.

L’azione politica pluridecennale della Lega ha significativamente cercato di collegare istanze etniche ed economiche rifiutando il centralismo. Si tratta di una riapparizione della classe sociale pasoliniana?

Anche i movimenti glocal come quelli ispirati da Carlin Petrini (si veda l’ideologia di Terra Madre) sembrano spianare la strada al particolarismo.

La classe media o aspirante tale si è in realtà divisa in base ai propri interessi formando nuovi gruppi sociali. Fondamentale in ciò è la tecnologia di internet che permette l’organizzazione di nicchie (sostanzialmente gruppi sociali connessi tramite web).

Anche gli amanti del dialetto (come voi lettori di questo blog) sono più “gruppo” tramite questa tecnologia. Trovo significativo, infatti, che ogni esperienza di massa relativa al piemontese sia fallita (no televisione, no giornali) mentre video e blog piemontesisti a modo loro (cioè con costo=ricavo=0€) prosperino.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.