Il titolo del post può apparire strano, ma si riferisce ad un fatto comune a molte lingue. Le parole che raccontano di sentimenti, emozioni umane e simili traggono spesso origine da oggetti e comportamenti concreti.
Essi, infatti, vengono assunti come metafora per lo stato d’animo, di per sè nozione astratta. Anche in piemontese esistono vocaboli che seguono tale caratteristica.
Calma e Stufi
Abbiamo già scritto di due di essi in un precedente post relativo all’influenza di un antichissimo (neolitico?) adstrato ellenico sul piemontese: CALMA e STUFO che abbiamo fatto derivare da CAUMA (calore) e TYPHOS (vapore), collegati alle osservazioni pastorali delle greggi o mandrie che si riposano nelle ore di massima calura nei pascoli estivi.
Flin-a e Sbaruv
Aggiungerei altri vocaboli partendo da una ricerca facile: FLIN-A è la parola che indica un nervosismo tendente all’ira. Esso va oltre il semplice disappunto ed è trasparente nella derivazione dalla RABBIA FELINA. Essa è la grave malattia che portava a morte certa gli animali dopo una serie di gravi alterazioni del comportamento.
SBARUV è lo spavento e potrebbe essere legato a baruffa EX-BARUF oppure a paura EX-PAVOR.
Scheur e sgiaj
SCHEUR è invece il termine per lo schifo, il ribrezzo che deriva probabilmente da EX-COR, dal cuore. E’ da porsi forse in relazione al vomito che sembra provenire dal cuore agli occhi di una medicina non scientifica.
Ancora più difficile è il caso di SGIAJ, fare senso, essere ripugnante. Per esso seguiamo la suggestione fonetica verso un possibile EX GLADIO. Si tratta della reazione a fronte dello scempio compiuto dall’arma?
Deuit e matighé
DEUIT, parola sacra dell’educazione piemontese, traducibile alla lontana con garbo, è probabilmente un antico participio passato irregolare del verbo dovere (si può confrontare con cheuit=cotto). Si tratta quindi di compiere qualunque azione nel modo DOVUTO.
Di una persona che non agisce ritornando cupamente sui propri pensieri si dice che MATIGA, con semplice derivazione da MASTICARE, cioè ruminare ripetitivamente lo stesso pasto.
Avèj passiensa, mè car Anonim, però FLIN-A a ven dall’istessa rèis latin-a (FELLE) dl’italian FIELE, rèis da andova a ven ‘dcò ANFLE’, ANFLESSE, valadì “insozzarsi, sporcarsi”.
Edcò ij’autri étim a lasso bin antërdoà, però ‘d sicura a l’è pa giust col ëd DEUIT : a ven da da DOCTU, visadì “condotto, portato, indirizzato”.
Ardì
Fabrissi Arnaud